Una grande infrastruttura per la Città Metropolitana
di Marina Tornatora
Una grande infrastruttura per la Città Metropolitana
di Marina Tornatora
La città e diventata un grande contenitore nel quale convivono pluralismo e diversità, spazio di forme che mutano nel tempo, si sovrappongono, s’intersecano, si contaminano, e che non corrispondono più a un Modello di Città definito e unico. Superando l’idea negativa di chi vede in tale condizione solo il dissolvimento della città intesa come forma d’insediamento e organizzazione sociale, ravvedendone la fine, è possibile rintracciare una diversa interpretazione in termini di un suo mutamento strutturale. In questa prospettiva la dispersione non solo rappresenta la condizione universale del paesaggio urbano contemporaneo ma anche una fattore caratterizzante fondativo da approfondire non in contrapposizione alla città storica consolidata.
“Differentemente declinata nelle diverse situazioni, nel Veneto, piuttosto che in Lombardia, nelle Marche o nel Salento, nella Fiandre piuttosto che in Bretagna o nel nord del Portogallo, a Taiwan piuttosto che nelle aree interne della Cina, la città diffusa ingloba dentro di se non solo i suburbi cui lo sprawl si riferisce, ma la città antica come il villaggio con una sua altrettanto lunga storia, la città moderna e le sue periferie, gli insediamenti reclamizzati dal ‘vivere nella campagna vicino alla grande metropoli ed al piccolo centro urbano’, la gated community, come l’edificazione delle lunghe file di casette unifamiliari con giardino, la piccola officina annessa all’abitazione, come la fabbrica di grande e medie dimensioni, la zona industriale come l’area agricola, la casa rurale come la serra. Tutto accostato paratatticamente senza un ordine apparente.”2
Questa diversità esprime una condizione specifica della città diffusa, esito non della crescita centrifuga di un centro consolidato ma della densificazione di altre forme insediative, di quella costellazione di frammenti che sono l’espressione evidente di una trasformazione della societa contemporanea, per i quali è importante stabilire nuove relazioni e dinamiche. Di fondo a questi mutamenti vi è il multiculturalismo che configura un nuovo vocabolario di situazioni e connessioni non piu riassumibili in quei valori della società urbana derivata dalla rivoluzione industriale che ha sostenuto lo sviluppo delle città sino alla prima metà del ventesimo secolo.
In questo quadro di valori e condizioni s’inserisce la nascita di una nuova entità quale la Città Metropolitana di Reggio Calabria (istituita con D.L. 188 del 2012), per la quale si prospetta la sfida di configurare scenari tanto piu significativi se concepiti come esito di una contaminazione tra la natura dei luoghi e una visione sperimentale della condizione contemporanea.
Sviluppata su una superficie di 3.210 kmq comprendente 97 centri urbani di differenti dimensioni e densità – dei quali 42 comuni non superano i 2000 abitanti – la nuova Città Metropolitana raggiunge una popolazione di 558.000 abitanti, ponendosi come una delle aree metropolitane piu piccole d’Italia.3
Tale atto fondativo comporta una riflessione autentica sulle eventuali prospettive ma anche numerosi interrogativi sulle possibili idee di città che essa può incarnare o quale forma di narrazione può proporre nella consapevolezza che non sono sufficienti solo i meccanismi legislativi e procedurali, non basta la sola istituzione di una Città Metropolitana, in coerenza con la programmazione europea, a prefigurare gli scenari possibili di una nuova entità urbana. Reggio Calabria non rappresenta una Città Metropolitana secondo l’accezione piu diffusa del termine e sicuramente non lo sarà nelle sue forme classiche, ma proprio questa specificità esige un’idea più sperimentale che abbia come punto di partenza e come obiettivo di progetto le sue diversità culturali, geografiche e storiche, rifuggendo da tendenze omologanti.
Andando oltre i superficiali giudizi negativi sull’arretratezza della regione Calabria4 su quella mancata industrializzazione, programmata come modello produttivo indotto che non si è mai confrontato con la natura e la vocazione dei luoghi, è possibile proporre per Reggio Calabria un percorso alternativo dalla forte carica innovativa nella visione delle sue qualità identitarie ricollocate in una prospettiva universale e globale, un incontro di forme che può rappresentare una risorsa e non un problema e che ha come centro il paesaggio.
Questa nuova realtà metropolitana si trova davanti alla sfida di costruire una città attraverso la convergenza di 97 centri urbani attorno ai quali si è polverizzato un edificato discontinuo e interrotto, che può contare su alcune emergenze significative: il Porto di Gioia Tauro, il Polo universitario della Mediterranea e il Parco Nazionale dell’Aspromonte. Legante e momento caratterizzante di tutte queste entità e il paesaggio agrario che attraverso il suo mosaico disegna un Corridoio Verde continuo, unico, peculiare. Una fascia ininterrotta di natura che non solo rappresenta una potenziale risorsa economica ma il fattore identitario della nuova Città Metropolitana di Reggio Calabria superando la tradizionale visione dicotomica tra le aree rurali e quelle urbane e misurandosi con quei processi di urbanizzazione, modernizzazione dell’agricoltura che stanno determinando un cambio di valori e una progressiva trasformazione delle realtà rurali. Quel paesaggio ignorato e dimenticato da un’idea di sviluppo risolta solo nel mito della grande industria, peraltro in Calabria mai decollata, può oggi ritornare a essere protagonista di un nuovo ciclo di vita a partire dagli uliveti secolari della Piana di Gioia Tauro, agli agrumeti e proseguendo ai vigneti dei terrazzamenti della Costa Viola sino ai giardini di bergamotto lungo la costa ionica.
Il tema del Corridoio Verde della Città Metropolitana di Reggio Calabria è l’occasione di dar forma a nuovi paesaggi attraverso un pattern urbano-ambientale continuo nel quale le aree agricole sono integrate e non consumate nei processi di trasformazione della città5, non piu concepite come spazi di espansione in attesa di operazioni immobiliari, ma come luoghi concreti di una nuova energia creativa.
Tale percorso supera la contrapposizione tra la città, troppo spesso identificata solo con il centro storico, e la campagna antropizzata, ormai entità sempre piu complementari interdipendenti, in una strategia che propone un nuovo sguardo per quell’immensa massa che continuiamo a chiamare periferia o città diffusa, dove una diversa idea e valore del suolo agricolo può stimolare a fondare un nuovo concetto di “urbanità.” 6 Soluzioni progettuali differenziate possono trovare in questo nuovo pattern diverse soglie, secondo sequenze dense che vanno dagli strati piu vicini alla città sino a quelli più estesi in un superamento di quel concetto classico di qualità paesaggistica, limitato solo ad alcuni episodi vincolati secondo una logica difensiva, per allargarlo a tutto il territorio dando un importante contributo anche sul piano del dissesto idrogeologico.
Lo spettro si amplia dai soli paesaggi eccezionali e delle riserve ambientali sino agli spazi piu differenziati e multifunzionali della “campagna urbana” dove le diverse forme dell’agricoltura “hanno caratteri propri e innovativi che, diversi da quelli dell’agricoltura rurale indifferente alla citta, elaborano modelli economici e sociali più creativi che provengono da una trasformazione del mondo rurale.”7 Si fa riferimento a un’idea di paesaggio in situ come presa di coscienza dell’incontro tra un soggetto e la natura dove questa non e più una visione attraverso l’immagine ma “un divenire visibile, qualcosa che si fa visibile in quanto tale senza passare per la mediazione fornita attraverso modelli preliminari.”8 In questa idea rifondativa del rapporto tra lo spazio urbano e la campagna, il Corridoio Verde puo essere considerato come “un’infrastruttura verde della citta”9 che, ben diverso dalle green belts10, può essere concepito come uno spazio naturale abitato continuo, dove la funzione agricola-produttiva si coniuga a numerose altre funzioni da quelle turistico-ricreative, a quelle didattico-scientifiche, sociali e di difesa idrogeologica, e soprattutto dove si può affermare l’identità culturale del luogo attraverso il progetto. A questo processo contribuisce anche il fenomeno della migrazione11 che in particolare nelle regioni meridionali sta comportando una trasformazione dell’organizzazione dei rapporti sociali e produttivi innestando importanti dinamiche di mobilita.
Il ruolo decisivo del paesaggio agrario per la Città Metropolitana di Reggio Calabria è anche sostenuto dagli studi economici di Francesco Forte12 che individua nella specializzazione agricola uno dei punti di forza dell’economia della Calabria, settore in evoluzione verso le colture specializzate e i prodotti tipici mediterranei, che puo estendersi a prodotti del settore delle carni, a quello caseario, a quello dei prodotti del bosco, alle piante officinali e allo sfruttamento del legno reso conveniente dal recupero delle biomasse. Tali potenzialita sono associate per l’area di Reggio Calabria ad altri tre punti di forza: la produzione di energia elettrica, con particolare riguardo alle fonti rinnovabili pulite; il traffico mercantile del porto di Gioia Tauro con le lavorazioni connesse e lo sviluppo di porti turistici; il patrimonio di beni culturali e di risorse ambientali, marittime, montane e collinari.
Concependo la città e il territorio non come luoghi che esercitano un attrito l’uno sull’altro, ma manifestazioni di un unico progetto si puo dunque avanzare l’idea di Città Metropolitana di Reggio Calabria come una green city che mette in valore il paesaggio agrario esistente, ripensato in una visione strategica complessiva alla luce delle questioni ambientali, climatiche e alla nuova dimensione ecologica. In questa prospettiva l’agricoltura aumenta lo spettro di azione dalla produzione di beni materiali – alimenti, legname, fibre, materie per l’industria – a quelli immateriali – paesaggio, biodiversita, salvaguardia idrogeologica, manutenzione del territorio – sino alla creazione di servizi orientati al benessere sociale.
Questa estensione delle tradizionali funzioni di produzione di cibo a inedite e innovative attività (generazione di energia, di fibre e polimeri naturali, turismo rurale e culturale, potenziale sociale) configura poliedriche ruralità da investigare nelle implicazioni spaziali e formali che richiedono il contributo integrato della progettazione architettonica e urbana con la moderna disciplina del paesaggio.13
Un approccio necessario che ribalta la nozione di paesaggio-oggetto, fondato su un rapporto puramente visibilistico, in “paesaggio-soggetto come un processo conoscitivo piu complesso, che reclama una via traversa verso la comprensione del vero monumento ancora da costruire: lo spazio pubblico contemporaneo.”14
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